PROFILO STORICO o BIOGRAFIA | Gli Atti di governo conservano in un unico complesso archivistico i fondi smembrati e riordinati tra Settecento e Ottocento secondo il metodo di ordinamento per materia. In esso sono raccolte, in ordine alfabetico, "classi di materie" di documenti provenienti dagli archivi delle magistrature, dei
ministeri e degli uffici governativi dello Stato di Milano, concentrati negli Archivi governativi di San Fedele, istituiti da Giuseppe II nel 1781 con le funzioni di
archivio generale dell'amministrazione asburgica in Lombardia.
Il sistema di ordinamento per materia era già adottato negli archivi milanesi durante il Settecento e rifletteva gli ambiti di attività delle istituzioni che li avevano
prodotti e conservati. Presso l'Archivio di governo del Castello venivano versati e mantenuti distinti i fondi delle magistrature centrali dello Stato non più di uso
corrente, organizzati secondo le rispettive materie d'ufficio.
Le numerose e profonde riforme della dominazione austriaca produssero tuttavia radicali mutamenti nell'apparato amministrativo dello Stato milanese, nella
direzione di un assetto burocratico moderno e centralizzato, efficiente e capace di autogovernarsi.
A partire dal 1765, Gaetano Pescarenico, archivista presso l'Archivio del Magistrato camerale, ricevette da Vienna svariati ordini di applicazione di un sistema "per classi e materie" per il riordino dei fondi dei soppressi Magistrati ordinario e straordinario, cui si oppose, proponendo un ordinamento cronologico e il
rispetto del principio di provenienza dei fondi.
Nel 1778, il successore di Pescarenico, Bartolomeo Sambrunico, accolse le disposizioni di Vienna e diede avvio, sotto la guida del cancelliere aulico Kaunitz, al versamento dell'Archivio camerale nei locali del soppresso collegio gesuitico di San Fedele, al fine di scongiurare i pericoli di dispersione e manomissione cui le frequenti trasformazioni amministrative esponevano gli archivi degli uffici di governo, e in previsione di un riordinamento e una loro globale fusione
rispondente alle esigenze di accentramento, ricerca e funzionalità dell'amministrazione austriaca.
Nel 1781, presso gli Archivi governativi di San Fedele, istituiti da Giuseppe II con le funzioni di "istituto di concentrazione delle antiche scritture del ducato e
contemporaneamente archivio di deposito [...] dell'apparato burocratico in vigore" (Bologna, Il metodo peroniano, p. 252), fu trasferito l'Archivio di governo del Castello, comprendente gli archivi visconteo sforzesco, delle cancellerie spagnole e asburgiche, del Consiglio segreto, delle Giunte interinali e provvisorie
di governo e i registri degli statuti. Ilario Corte, già prefetto dell'Archivio di governo del Castello, fu il primo direttore degli Archivi governativi, cui fu affidata, sotto le direttive di Kaunitz e con la collaborazione del secondo ufficiale Luca Peroni, la responsabilità della riorganizzazione e conservazione dell'enorme
quantità di documentazione confluita progressivamente nel nuovo istituto di concentrazione.
La soppressione di numerose magistrature e la creazione di nuove con competenze maggiori e differenti avevano determinato l'esigenza da parte dell'amministrazione austriaca corrente di consultare, con esattezza e rapidità, la documentazione prodotta in ambiti amministrativi e istituzionali differenti, con riguardo non tanto alle magistrature che avevano prodotto gli atti quanto al contenuto stesso dei documenti. Il trasferimento in San Fedele e le "nuove esigenze degli uffici dell'amministrazione riformata, resero naturale l'effettuazione di un ulteriore passo nell'applicazione dello stesso metodo d'ordinamento. Non si ravvisava più alcuna utilità nel mantenere distinti gli archivi degli uffici soppressi e la ricerca delle scritture antiche sarebbe stata sempre più faticosa col
passare del tempo, in forza dell'oblio che su quegli uffici avrebbe steso la nuova prassi amministrativa". Fu così che venne a formarsi "un nuovo, unico fondo
documentario di tutti gli atti del passato e presente governo, senza alcuna attenzione per gli uffici e le istituzioni d'origine" (Bologna, Il metodo peroniano, p.
252 - 253).
I documenti - sottoposti a operazioni di "sceveramento" dai fondi originari, e conseguente classificazione e selezione - furono raccolti per categorie o classi archivistiche dette "titoli dominanti" o "capi sommi", corrispondenti alle materie amministrative, divisi a loro volta in "titoli subalterni", disposti all'interno in
ordine geografico cronologico.
Ogni classe fu divisa in "provvidenze generali" e "occorrenze particolari": nelle prime furono raccolte le disposizioni di carattere generale quali leggi, bandi, dispacci sovrani e disposizioni governative, emanati dagli organi competenti; nelle seconde gli atti esecutivi degli organi cui spettava la materia, gli atti dell'amministrazione e quelli relativi a vicende particolari (fascicoli dedicati a singole questioni come persone, famiglie, luoghi, etc.). Le classi furono
ulteriormente divise in parte antica, per i secoli XV - XVIII (fino al 31 dicembre 1800, ma con numerosi seguiti), e parte moderna, per il secolo XIX.
L'affermazione del rinnovato ordinamento per materia negli Archivi governativi fu legata alle vicende dei tre maggiori archivisti che vi operarono, alternandosi
alla direzione e applicando, con modalità difformi, il sistema di classificazione: Ilario Corte (1781 - 1786), Bartolomeo Sambrunico (1786 - 1796; 1799 - 1800; 1814 - 1818) e Luca Peroni (1796 - 1799; 1820 - 1832); da quest'ultimo prese nome il metodo, "portato alle estreme conseguenze" (Lodolini, Lineamenti di storia dell'archivistica, p. 95), e attuato secondo un "diverso grado di articolazione organica" (Bascapé, L'origine del sistema di ordinamento per materie, p. 39)
che aumentava il numero e l'eterogeneità delle classi dominanti, anziché collegare gerarchicamente una classe a un'altra.
Peroni compilò inoltre un "Vocabolario ossia indice alfabetico di tutte le materie le specie e i generi ed ogni altra cosa ed oggetto atti ad essere distribuiti in indice i quali concorrono a formare impinguare e corredare i 'titoli principali' e 'subalterni' componenti la diverse 'classi' dell'archivio", che costituiva un mezzo indispensabile per la sistemazione delle scritture e la loro localizzazione, tramite rimandi che evidenziano ancora oggi le diverse connessioni esistenti tra i
documenti.
I
Continuatori di Peroni nell'opera di riordinamento furono i direttori Giuseppe Viglezzi (1832 - 1851), Luigi Osio (1851 - 1873) e, in misura parziale e
controversa, Cesare Cantù (1873 - 1895).
I successivi direttori dell'AS MI, Ippolito Malaguzzi Valeri (1895 - 1905), Luigi Fumi (1908 - 1920) e Giovanni Vittani (1920 - 1938) condannarono il metodo
peroniano, definendo Peroni autore "della massima confusione che sia mai stata verificata in materia archivistica" (Ferorelli, L'Archivio camerale, p. 149), e
avviarono l'opera di ricostruzione dei fondi smembrati.
Il nuovo orientamento, legato all'unità nazionale e al nuovo assetto politico istituzionale, rifiutò difatti l'ordinamento archivistico di matrice asburgica, che annullava la realtà istituzionale sacrificando l'identità delle singole magistrature, e privilegiò il metodo storico affermatosi dalla metà dell'Ottocento, funzionale alla storia delle istituzioni e all'interesse per la nazione che si era appena data un'autonomia. Nondimeno in anni recenti nuove prospettive di studio hanno individuato il sistema peroniano come un "fatto storico", riflesso della cultura amministrativa coeva e "scelta operativa che nasceva da una legittima e
innovativa esigenza di funzionalità" (Carucci, Gli archivi peroniani, p. 13).
Del materiale consevato negli Atti di governo, generalmente in buon stato di conservazione, sono da segnalare numerose dispersioni avvenute durante i
bombardamenti del 1943. |