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Teatro alla Scala

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Teatro alla Scala

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dal 1778

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PROFILO STORICO o BIOGRAFIA

Il Teatro alla Scala fu inaugurato nel 1778. Dopo l'incendio che nel 1776 aveva distrutto il vecchio teatro che sorgeva nell'area di Palazzo Reale, sulla base di accordi tra la "Nobile associazione dei cavalieri" proprietari dei palchetti e la Regia ducal Camera, il fisco aveva concesso un'area di sua proprietà perché vi fosse eretto, a spese dei palchettisti, il nuovo edificio progettato da G. Piermarini. L'istromento rogato dal notaio Negri il 3 agosto 1778 prevedeva che il suolo, i palchi e i rispettivi camerini rimanessero proprietà dei palchettisti; i muri perimetrali, gli spazi comuni e alcuni palchi del Teatro di proprietà statale (Comune di Milano, Cenni storici..., p. 8). Dal 1789 fino al 1897 la gestione delle stagioni teatrali fu affidata dai palchettisti ad impresari, cui competeva anche la programmazione degli spettacoli del Teatro alla Canobbiana. L'ufficio statale della Direzione degli i.r. Teatri di Milano esercitava il proprio controllo sul numero e sulla qualità degli allestimenti delle opere, nuove o di repertorio, sulla base di contratti con l'impresario che prevedevano, a sostegno delle spese di gestione del Teatro, l'elargizione della cosiddetta "dote", che andava ad aggiungersi agli incassi dei biglietti e ai proventi della caffetteria e delle altre attività commerciali che si svolgevano nei ridotti.
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Per la formazione degli artisti impiegati alla Scala furono istituite l'Accademia di ballo del Teatro alla Scala, fondata nel 1813, e una Scuola di canto corale, attiva dal 1864 al 1897. La tradizione locale di esperti scenografi fu invece consolidata introducendo un apposito corso all'Accademia di Brera. Sussidi ed assistenza ai lavoratori del teatro e alle loro famiglie erano garantiti dal Pio istituto teatrale, attivo tra la prima metà del XIX secolo e l'inizio del '900.
Dopo l'Unità d'Italia, all'allentarsi della censura politica corrispose un affievolirsi dell'interesse dello Stato per il sovvenzionamento del Teatro. Il Parlamento abolì nel 1867 dal bilancio del Ministero dell'Interno la voce di spesa che, tra gli altri, finanziava anche la Scala. Nel 1868 le parti dell'edificio di proprietà statale furono cedute al Comune (contratto approvato con legge del 30 giugno 1872, n. 879). La Corte di Cassazione di Torino, con sentenza del 14 giugno 1872, diede ragione alla pubblica amministrazione contro la pretesa dei palchettisti della Scala di obbligare il Comune a corrispondere la "dote" al Teatro (Cenni storici 1931).
Le commissioni comunali che si succedettero a quella governativa nella vigilanza sui teatri della Scala e della Canobbiana, esercitarono un controllo più blando sulla qualità degli spettacoli e sul rispetto delle clausole contrattuali da parte degli impresari scaligeri. Questi elementi di crisi, insieme all'indebolirsi della forza contrattuale dell'impresario rispetto ai soggetti privati (agenti teatrali, editori...) che determinavano il prezzo per la scritturazione di compositori ed artisti, aggravarono il bilancio del Teatro. Ciò rese difficile il rinnovamento di attrezzature sceniche e costumi, la presenza in cartellone di un numero sufficiente di opere in prima esecuzione, e l'adeguata preparazione delle masse sceniche (coro, corpo di ballo) garantita dalle scuole di formazione.
Sulla stampa e nelle sedute del consiglio comunale la questione del finanziamento della Scala continuò ad essere dibattuta. Nel 1901 fu anche sperimentato lo strumento del referendum rivolto all'elettorato milanese, domanda se "l'elettore ritiene che il Comune debba concedere un sussidio al Teatro alla Scala": consultazione conclusasi con una maggioranza di voti contraria. Al volgere del secolo, socialisti e cattolici conservatori erano entrambi contrari a proseguire a concedere contributi per un teatro privato, ritenendoli non corrispondenti alle finalità sociali e culturali del Comune. Altri gruppi politici, liberali e radicali, insieme ai rappresentanti dell'industria e del commercio, rimarcavano invece gli effetti positivi del sussidio sul turismo, sull'immagine di Milano e sulla sua economia: gli impiegati erano quantificati alla fine dell'800 in oltre 600 addetti; ad essi andavano aggiunti artisti e maestranze scritturate per gli spettacoli, ditte esterne di sartoria, falegnameria, editoria, esercizi commerciali e strutture ricettive per il pubblico forestiero (Piazzoni 1990).
La crisi definitiva della tradizionale gestione degli impresari si manifestò il 26 dicembre 1897 con la mancata apertura del Teatro per lo spettacolo inaugurale della stagione, in polemica con il Comune che aveva negato il finanziamento.
Per trovare una soluzione istituzionale già nel gennaio 1898 si formò un Comitato Pro-Scala della cui commissione artistica erano membri A. Boito e G. Puccini (Verdi ne era il presidente onorario). Seguì una prima sottoscrizione pubblica di azioni e, nel giugno 1898, senza che la proprietà dei palchettisti cessasse, si costituì la "Società anonima per l'esercizio del Teatro alla Scala". Grazie anche all'impegno e alla munificenza del suo presidente, Guido Visconti di Modrone, nonostante l'incertezza di spese ed incassi e dello stesso quadro politico la Società pose le basi per la sua stabile organizzazione. Il nuovo ruolo di direttore generale fu ricoperto da G. Gatti Casazza (dal 1898 al 1908, quando passò a ricoprire analoga posizione alla Metropolitan Opera House di New York). Nello statuto societario del 26 giugno 1898 compaiono i ruoli di direttore generale (primo a ricoprirlo fu G. Gatti Casazza, passato nel 1908 alla Metropolitan Opera House di New York) e di direttore stabile, carica rivestita da A. Toscanini negli anni 1898-1903 e 1906-1908, con la responsabilità di programmare le scelte artistiche e di coordinare i diversi settori operativi (orchestra, coro, corpo di ballo, scenografi, costumisti...).
Gli anni di guerra aumentarono le perdite della Società, tanto da indurre G. Visconti di Modrone a recedere dai patti col Comune (1917); la Scala fu quindi affidata nel 1918 alla SIFAL, "Società Italiana fra gli Artisti Lirici". Toscanini fu allora incaricato di selezionare un'orchestra stabile di 97 elementi, "per il maestro strumento indispensabile per portare un teatro lirico a livelli di eccellenza" e ulteriore passo verso l'erezione della Scala in ente pubblico, sottratto ormai definitivamente alle logiche impresariali. In tale prospettiva, la neocostituita orchestra fu condotta da suo direttore in tournéé all'estero, in Germania e Stati Uniti (1920-1921).
L'Ente Autonomo Teatro alla Scala fu infine istituito nel 1920 in base ad una convenzione tra Comune e palchettisti, ed eretto in ente morale col r.d. 29 dicembre 1921, n. 2143, che ne approvava lo statuto. L'Ente autonomo era governato da una commissione composta da rappresentanti del Comune, dei palchettisti e dei maggiori contributori al restauro del palcoscenico compiuto dopo la guerra; era previsto un novennio di prova, al termine del quale i privati sarebbero stati espropriati delle loro quote di proprietà; lo statuto fissava per la prima volta i ruoli del consigliere delegato, nominato dalla commissione per la gestione del Teatro, e del segretario. All'epoca, la Scala risultava l'unico soggetto che, in possesso di predeterminati requisiti, fosse in grado di beneficiare dell'addizionale del 2% sul prezzo dei biglietti venduti per spettacoli e intrattenimenti prevista da dalla prima norma statale (d.l. 4 maggio 1920, n. 567) destinata a sovvenzionare i teatri lirici.
Toscanini, direttore generale della Scala dal 1921 al 1929, impresse sull'Ente la propria volontà di disciplina artistica ed organizzativa, "alla ricerca della coerente unità di tutte le componenti dello spettacolo" (Il Teatro alla Scala 2004, p. 112): fu lui ad ufficializzare la carica di direttore dell'allestimento scenico, affidata a L. Sapelli, più noto col nome d'arte di Caramba (ibidem, p. 111). In quegli anni si realizzarono anche l'innalzamento della torre scenica (1920) e il nuovo palcoscenico a ponti e pannelli mobili (1936).
Che il Teatro milanese, riconosciuto con d.l. 26 febbraio 1928, n. 562, come Istituto nazionale per l'arte lirica, si dotasse allora una stabile struttura organizzativa risalta anche dalla tenuta delle carte d'archivio, che vede l'introduzione della protocollazione, una embrionale classificazione (adottata nel '21, abbandonata però poco dopo) e la sistematica conservazione di fascicoli degli artisti e delle maestranze.
La prevista fuoriuscita dei palchettisti dall'Ente (sancita dalla legge 8 luglio 1929, n. 1223), le modifiche apportate allo statuto nel 1931 (r.d. 30 marzo 1931, n. 436) e la legge del 1936 ridussero l'autonomia del Teatro e accentuarono l'ingerenza di apparati politici e burocratici statali, tanto da configurare di fatto "un tipo di Ente intermedio tra l'Ente autonomo e il Teatro di Stato" (Il Teatro alla Scala 2004, p. 93): il Comitato preposto alla direzione dell'Ente era presieduto di diritto dal podestà di Milano e composto da sei membri, espressi dal Comune e dalle organizzazioni sindacali, e dal Soprintendente, funzionario responsabile della programmazione del cartellone, nominato dal Ministero della Stampa e della Propaganda. Al Ministero erano tra l'altro conferiti la facoltà di istituire una commissione per la valutazione della programmazione e il potere di approvare i bilanci dell'Ente.
L'intromissione della politica di regime nella vita e nell'organizzazione della Scala si riflettono nell'interruzione del rapporto con Toscanini e, dopo l'entrata in vigore delle cosiddette leggi razziali, nell'allontanamento del maestro del Coro, Vittore Veneziani.
I danni bellici del 1943 portarono alla distruzione dei magazzini di deposito delle scenografie, insediati dagli anni '30 alla Bovisa, e alla devastazione degli edifici di servizio e della stessa sala del Teatro.
Al termine di un esemplare restauro condotto dall'ing. Luigi Lorenzo Secchi, con rigorosa fedeltà non solo ai partiti decorativi, ma anche ai materiali, alle tecniche e alle strutture impiegati nel '700 per la costruzione della sala e nelle coperture, il Teatro fu riaperto l'11 maggio 1946 con un concerto diretto da Toscanini: evento recepito come un simbolo della "risorta integrità spirituale" della nazione democratica (La scala 1946-1966, Milano 1966, p. IXL).
Nel 1948 il Comune di Milano provvide a consegnare al Teatro "nuovi fabbricati per il magazzino delle scene e dell'attrezzeria, per il laboratorio dei falegnami, per le sale degli scenografi, per il deposito dei costumi e per la sartoria e la calzoleria" (Il Teatro alla Scala 2004, p. 129).
Proseguendo una tendenza già avviata nei primi decenni del Novecento, l'Ente assorbì gradualmente all'interno della propria organizzazione i servizi (di archivio musicale, archivio fotografico, sartoria...), prima affidati con contratti di fornitura o di appalto a ditte e professionisti esterni: dalla metà del secolo fino al 1979, per esempio, il fotografo della Scala fu un libero professionista (Erio Piccagliani).
Gli anni del dopoguerra, ancora idealmente legati a Toscanini, sono segnati anche dalla intensa attività di direzione di V. De Sabata, per iniziativa del quale l'apertura della stagione fu anticipata, a partire dal 1951, al 7 dicembre, in coincidenza con la festa patronale di S. Ambrogio. Accanto al ruolo direttoriale, tuttavia, negli anni '50 (in ritardo rispetto ad analoga tendenza verificatasi nel teatro di prosa) assunse progressivo rilievo ed autonomia il regista, la cui prima menzione sulle locandine della Scala risaliva al 1936 (M. Frigerio nel Falstaff di Verdi).
L'attività dei soprintendenti succedutisi alla guida dell'Ente Autonomo (A. Ghiringhelli, prima commissario straordinario dal 1945 al 1948, quindi in carica come soprintendente fino al 1972; P. Grassi, 1972-1977; C.M. Badini, 1977-1990; C. Fontana, 1990-[2005]) presenta una notevole continuità sia nel rivendicare l'esigenza di adeguate risorse e libertà delle scelte artistiche operate in collaborazione con i direttori artistici e musicali, sia nelle iniziative di avvicinamento all'opera lirica di pubblici più ampi.
Nel 1955 la Scala, "distaccandosi nettamente dagli altri teatri d'opera tradizionali sia come scelta del repertorio sia come stile di esecuzione", inaugurò nel complesso di Via Filodrammarici uno spazio di dimensioni più ridotte, la Piccola Scala, destinato ad accogliere fin dallo spettacolo inaugurale (Il matrimonio segreto di Cimarosa) una stagione parallela e complementare a quella della sala maggiore, con il recupero della tradizione barocca e settecentesca (A. Scarlatti, L. Cherubini...) inserita "rigorosamente nella esatta cornice di gusto" (La Scala 1946/1966, p. 253), e inedite proposte di compositori contemporanei (M. De Falla, G.F. Ghedini, N. Rota, I. Stravinskij...).
La cosiddetta legge Corona (l. 14 agosto 1967, n. 800), che all'art. 7 riconosceva la Scala quale "ente di particolare interesse nazionale nel campo musicale", ribadì il ruolo esercitato dagli enti lirici nella "formazione musicale, culturale e società della collettività nazionale".
Nel 1972 P. Grassi istituì a tale scopo il Servizio promozione culturale, con compiti di collegamento tra il Teatro, le biblioteche pubbliche locali e le associazioni culturali riconosciute dalle pubbliche amministrazioni e, in particolare, con la Consulta per la promozione culturale dei lavoratori, cui i sindacati avevano dato vita in quegli anni, per avvicinare all'offerta culturale studenti e altre fasce di pubblico non tradizionale (Il Teatro alla Scala 2004, p. 78).
Il finanziamento statale della l. 800/1967 fu riformato nel 1985, con l'istituzione del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS), in contributo fissato triennalmente, più idoneo quindi a favorire una programmazione sul medio periodo. Ad integrare il fondo provvide il mecenatismo di alcune realtà produttive e finanziarie milanesi (Pirelli, Cassa di Risparmio...), che durante la soprintendenza Badini fu più decisamente indirizzato al sostegno di specifiche iniziative e dei complessi artistici del Teatro: così, nei primi anni '80, la Candy diveniva sponsor abituale delle stagioni di balletto; la Breda sostenitore dei concerti sinfonici; la Fininvest della Filarmonica, l'ENI della lirica e del teatro per ragazzi (Fontana 2006, p. 11).
Durante la sovrintendenza di C. Fontana la Scala riorganizzò le strutture incaricate della formazione professionale degli artisti e delle maestranze specializzate: nel 1991 è costituita la Direzione Scuola e formazione.
A partire anni '90, i tagli di spesa al FUS e la ricerca di una maggiore autonomia gestionale indussero a valutare la possibilità di una trasformazione della natura giuridica della Scala da ente pubblico a fondazione di diritto privato. Lo studio di fattibilità fu commissionato dal soprintendente Fontana all'Università Bocconi (Fontana 2006, p. 13), ricercando l'accordo con i sindacati.
Con decreto del 31 ottobre 1997 a norma dell'art. 2, comma 57 e seguenti della l. 28 dicembre 1995, n. 549, e dell'art. 2 del d.lgs. 29 giugno 1996, n. 367, all'Ente autonomo successe nel 1998 la Fondazione Teatro alla Scala (in base all'art. 3 della norma citata, è stabilito che "le fondazioni provvedono direttamente alla gestione dei teatri loro affidati, conservandone il patrimonio storico-culturale"; la norma è tuttora vigente e richiamata nella normativa regolamentare del 2011).
Ai sensi dell'art. 1 c. 2 del d.l. 24 novembre 2000, n. 345, "la fondazione subentra[va] nei diritti, negli obblighi e nei rapporti attivi e passivi dell'ente, in essere alla data della trasformazione". Essa ha accorpato anche il Museo teatrale alla Scala, fondato per iniziativa di privati nel 1913 e con sede adiacente al Teatro, nel casino Ricordi.
La Fondazione Teatro alla Scala si presenta oggi "di una complessità tale da renderl[a] equiparabile ad una grande azienda" (P. Bosisio). Nel 2003 vi lavoravano 850 dipendenti fissi, per il 90% impiegati nei ruoli tecnico-artistici (M. Di Freda in Il Teatro alla Scala 2004, p. 203).
Le cariche dirigenziali apicali, da un organigramma del 1985 risultavano ancora limitate a tre: direttore artistico (cui afferivano l'orchestra, il coro, il corpo di ballo, il segretario artistico, l'archivio musicale, il direttore della produzione da cui, a loro volta, dipendevano la regia e la direzione di scena); il direttore degli affari generali e del personale (con competenza su uffici di contabilità, lavoratori autonomi, ced e servizi generali); il direttore dell'allestimento scenico (a capo dei tecnici di palcoscenico, dei laboratori allora collocati nella sede del Teatro (di sartoria, calzoleria, parrucchieri e truccatori) e dei reparti con sede alla Bovisa (scenografia, falegnameria, squadra trasporti).
La trasformazione istituzionale ha inciso profondamente sull'organigramma. E' stata abolita la carica di segretario generale; le articolazioni prima dipendenti dal segretariato (relazioni con il pubblico, biglietteria, ufficio stampa, ufficio edizioni, archivio e protocollo, ced, provveditorato, direzione tecnica), che lo assimilavano ad una sorta di direzione degli affari generali, sono state attribuite a diverse direzioni generali. Delle cinque in funzione nel '97 una (Scuole, formazione e sviluppo, istituita nel 1990) ha assunto una autonoma personalità giuridica (Fondazione Accademia, per cui si veda più sotto); le altre direzioni (artistica; amministrativa; del personale; allestimento spettacoli) hanno mutato in parte nome e funzioni (artistica; amministrazione e controllo; organizzazione, personale...; allestimenti scenici; rapporti istituzionali; marketing e commerciale). Sono stati ridisegnati i processi decisionali interni all'Ente (C. Paciello, in Il Teatro alla Scala 2004, pp. 225-237).
Ulteriore elemento caratterizzante il "sistema Scala" è la rete di soggetti che affiancano il Teatro nelle attività di conservazione e promozione culturale e nella formazione artistica: il Museo storico; l'Accademia di Arti e Mestieri dello Spettacolo (fondazione di diritto privato che nel 2002 è succeduta al Centro di formazione professionale del Teatro, incorporando anche l'Accademia per giovani cantanti lirici fondata a metà anni '50); e, fino alla sua liquidazione, la società "La Scala Bookstore s.r.l." per la vendita al dettaglio di prodotti editoriali del Teatro, dell'Accademia e del Museo, ditta il cui capitale era per l'80% di proprietà del Teatro (C. Merli, in Il Teatro alla Scala 2004, p. 76).
La Scala ha inteso aumentare la propria capacità produttiva acquisendo dal Comune di Milano tre padiglioni del complesso già Ansaldo, in funzione dal 2001 come sedi di laboratori di falegnameria, sartoria, scenografia e sala prove, verso una integrazione delle attività progettuali ed esecutive connesse agli allestimenti e anche nella prospettiva di fornire spazi e professionalità ad altri teatri lirici che ne facessero richiesta (Fontana 2006, p. 92).
Lo stesso completo rifacimento della meccanica di scena del Teatro su progetto dell'architetto M. Botta (2002-2004), con il temporaneo spostamento delle attività al Teatro degli Arcimboldi alla Bicocca, ha avuto tra i propri obiettivi, insieme alla soluzione dei problemi di sicurezza, un aumento dell'offerta e della proiezione internazionale del Teatro in linea con le esigenze delle messe in scena contemporanee, in cui sulle limitate possibilità illusionistiche dei tradizionali scenari dipinti mossi da comandi manuali -non un dettaglio, ma un "modo di essere" che rischiava di trasformarsi in un ostacolo alla luce dell'evoluzione della scenografia" (Fontana 2006, p. 90)- ha preso gradualmente il sopravvento l'impiego di strutture tridimensionali di notevoli dimensioni, comandate da programmi digitali.

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FONTI

COMPILATORI

Ruggeri Luciana, 2015/04/03, revisione Vignato Filippo, 2015/01/26, prima redazione